Chi Sono

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Antonio Angelozzi sostiene di aver iniziato a scattare foto nel 1998, all’età di 23 anni. Nulla di più falso. Antonio ha sempre scattato fotografie, forse già da quando è nato. Magari non con una reflex, non con una fotocamera usa e getta, ma con gli strumenti più importanti che un fotografo deve possedere: l’occhio e la sensibilità. Ed è con questi che Antonio Angelozzi comincia a scattare fotografie (ancor prima di girare con la macchina fotografica al collo) del mondo che lo circonda. Una galleria di volti di persone semplici, spesso anziani, che frequentano la sua casa paterna. E poi ancora gli alberi, gli animali ed il cielo terso di un Abruzzo da scoprire tra le mille pieghe delle sue colline. La verità è che Angelozzi tutte queste foto (almeno quelli del primo periodo della sua produzione artistica) le aveva già scattate molto prima di quel famoso 1998. Da quella data in poi, quelle immagini hanno dovuto solo saltare dentro l’obiettivo di una reflex ed essere consegnate a noi.

Nasce così il periodo attuale. Quello in cui Antonio – per nostra fortuna – scatta immagini con la fotocamera per consegnarcele. La passione tra i due cresce così tanto da cambiare la vita al giovane Angelozzi, appena 25enne. Lascia il suo sicuro posto in fabbrica per tuffarsi in una nuova avventura, quella di aprire un negozio di fotografia tutto suo. L’occhio e la sensibilità si arricchiscono di un nuovo strumento: il mestiere. La manualità, l’assiduo studio autodidattico del sapere fotografico. Le nuove tecnologie che spuntano all’orizzonte, con il digitale che si impone con le sue nuove regole. E ancora notti a studiare i nuovi strumenti, i programmi di editing video, le nuove possibilità nella realizzazione di grafiche e ricostruzioni di vecchie fotografie che fino ad allora apparivano fantascienza.

In questo periodo nasce, accanto al fotografo artista, il fotografo artigiano.

Ma in Antonio questi due aspetti si confondono. Lui non è mai né solo “artista sulle nuvole” né “impiegato della fotografia”. Che sia anche solo una festa in una scuola, invece di un reportage a Capo Verde, quello che ne viene fuori è sempre un prodotto pregiato. Ed è questa che qualcuno definirebbe “classe”. Non si spiegano altrimenti i tanti gioielli in macro, la natura rivista e disarticolata in immagini dentro altre immagini in una continua ricerca di forme, di colori e del severo bianco/nero. Ben presto alla figura dell’artista e dell’artigiano si aggiunge un altro: l’esploratore. Sebbene sappia farci viaggiare anche solo nelle rughe di un contadino abruzzese o di un gatto sdraiato al sole, Angelozzi decide che è giunta l’ora di girare il globo. Di questi viaggi, spesso avventurosi e in totale solitudine, ci regala i fantastici reportage dal già citato Capo Verde, dal Brasile, dall’India, da Berlino, dalla Francia eccetera. Ma ciò che è impossibile non notare è che lui ha una vera e propria fissa per lo sguardo della gente. Sia che guardino l’obiettivo, sia che stiano pensando agli affari loro, gli uomini e le donne che ritroviamo nelle opere di Antonio sembrano sempre familiari, sembrano poter comunicare con noi e noi con loro. Che siano bambini di Bombay, pescatori su una spiaggia del Sudamerica oppure operai in pausa davanti ad un bar del suo Abruzzo, Angelozzi non scatta mai senza i suoi strumenti base: l’occhio, la sensibilità e la curiosità. Ed è questo che rende impossibile rimanere indifferenti davanti ai suoi scatti.

Non importa molto se siamo noi quelli fotografati oppure coloro che la foto la stanno solo guardando.

Nelle opere di Antonio Angelozzi fotografato e osservatore sono lì a guardarsi a vicenda.

Carlo Giannascoli – Giornalista e Psicologo

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